La coperta abruzzese
La riconosci subito: bella, pesante, tessuta con vera lana nei colori tipici, la trama disegna motivi floreali e geometrici o i famosi angeli con grande armonia ed eleganza del decoro. La riconosci per le frange che sono il vanto degli artigiani che le intrecciano in casa, preziose, ricche, un piccolo capolavoro già di per sé; e la riconosci perché non ha dritto o rovescio.
L’arte tessile che ha dato origine a questa particolare coperta ha una storia antica che affonda nel Medioevo ed è legata alla vita delle popolazioni montane che vivevano di pastorizia: mentre gli uomini stavano fuori per lunghi periodi, le donne rimanevano in casa a tessere.
La tessitura si sviluppò soprattutto a Taranta Peligna, piccolo paese situato nel parco della Majella, che godeva di una posizione privilegiata tra due importanti vie commerciali: il tratturo Magno dove transitavano le greggi, e la Via della Lana che univa Firenze e Napoli. Ma anche l’abbondanza delle materie prime necessarie ha giocato un ruolo importante: le sorgenti di acqua purissima, il legname, le piante tintorie sono indispensabili nel processo di colorazione della lana che doveva bollire dentro grandi recipienti con il mordente e le varie piante, ognuna scelta per la tonalità cromatica.
Già nel tardo Medioevo si hanno notizie di lanifici e il paese divenne presto un fiorente centro commerciale e tessile. Taranta Peligna divenne famosa in tutta Europa perché lì si realizzava il panno di lana nera infeltrita utilizzato per le mantelline dell’esercito borbonico, ma anche le ‘ferrandine’ stoffe pregiate di lana e seta per tappeti, arazzi, coperte.
Nell’Ottocento nasce la famosa coperta abruzzese pezzo indispensabile del corredo della sposa. La produzione andò avanti per secoli mantenendo intatte le caratteristiche decorazioni e la qualità dei materiali.
Oggi è ancora possibile trovare questi pregevoli prodotti artigianali realizzati sempre con la stessa cura e maestria grazie agli ‘esperti di frangia’ che detengono ancora la particolare abilità nel completare la coperta e all’opera dell’ultimo lanificio ancora attivo, superstite di una tradizione millenaria.